Deputata, indigena e donna: ritratto della brasiliana che sta tenendo testa a Bolsonaro.
Joenia Wapichana, nativa dell’Amazzonia, è passata alla storia come la prima indigena brasiliana a diventare deputata. Nel frattempo Bolsonaro ha firmato un ordine esecutivo togliendo le responsabilità sui terreni amazzonici alla National Indian Foundation, l’organo brasiliano che si occupa delle politiche riguardanti le tribù indigene.
Joenia Wapichana è stata la prima persona della sua famiglia ad andare all’università, a studiare legge e a diventare avvocato. Adesso è anche la prima indigena brasiliana a diventare deputata e a essere eletta nel Congresso Brasiliano.
Nata in Raraima – la zona più a nord del Brasile, all’interno della Foresta Amazzonica – membro della tribù Wapichana da cui ha preso il cognome, ha iniziato gli studi in una piccola scuola pubblica all’interno della riserva dove viveva la famiglia. Dopo essersi diplomata, ha pagato i suoi studi in legge lavorando come impiegata di giorno. Nel 1997 all’età di 23 anni Joenia è diventata il primo avvocato indigeno donna del Brasile.
Le sue credenziali risaltano ancora di più se messe a confronto con quelle di Jair Bolsonaro, l’attuale presidente del Brasile, conosciuto per la sua indolenza verso le donne e per il meschino trattamento riservato alle minoranze e agli indigeni.
Dopo aver preso il patentino da avvocato, Wapichana si è fatta conoscere in campo internazionale come difensore dei diritti umani. Nel 2018 ha vinto il Premio Human Right delle Nazioni Unite per il suo impegno nel fermare le violenze contro le tribù indigene del Nord Brasile, che per decadi sono state perseguitate costringendole a lasciare le loro terre alle compagnie agricole.
“Spero che la mia storia apra le porte a altre donne e a altre persone di colore. Sono la prima ma non intendo essere l’ultima, stiamo lavorando per inserire più rappresentanti indigeni a livelli municipali, statali e federali”, commenta Joenia.
Proprio mentre Wapichana otteneva il suo seggio, Bolsonaro aveva iniziato a introdurre una serie di misure conservative e pro industrie agricole. Descritto da molti come il “Trump dei Tropici” , Bolsonaro ha ripetutamente promesso di rivalutare le leggi per la protezione dell’ambiente, in modo da favorire le industrie minerarie e agroalimentari.
Anche se il Brasile ha deciso di rimanere nel Trattato di Parigi, Bolsonaro ha firmato un ordine esecutivo togliendo le responsabilità sui terreni amazzonici alla National Indian Foundation, l’organo brasiliano che si occupa delle politiche riguardanti le tribù indigene, oltretutto affidandole al Ministero dell’Agricoltura che è conosciuta per essere sotto il controllo delle lobby delle industrie agricole.
Deforestazione, i satelliti mostrano cosa è cambiato da quando c’è Bolsonaro:
Secondo la Wapichana questo è un attacco frontale ai diritti degli Indigeni, considerato che le terre dei nativi amazzonici sono protette dalla costituzione Brasiliana. “Quando difendiamo le terre degli indigeni, non stiamo solo proteggendo i nativi. Quelle riserve sono terreni pubblici. Stiamo discutendo di costruire miniere sui territori dei nativi come unica possibilità di salvare l’economia del paese,ma questo semplicemente non è vero. Dobbiamo trovare insieme soluzioni più sostenibili”, ha detto la deputata in un discorso al parlamento.
Foreste tropicali, nel 2018 sono andati persi 12 milioni di ettari.
Wapichana considera le leggi sulla protezione di quei terreni a pari delle leggi per i diritti umani, e al momento è in prima fila per fermare quello che considera “un assalto presidenziale alla mia gente e alle mie terre”. La deputata è stata anche l’unica a denunciare i 118 nativi che sono stati uccisi in conflitti per i terreni in Brasile nel 2016.
di Teleambiente.it