“Sembra di stare a Amsterdam” dice un uomo locale, “Lì vendono marijuana e cocaina, qui invece sono sciamani e ayahuasca”. Ogni giorno l’aeroporto si riempie di turisti che vengono caricati su taxi e minivan e scortati a una delle tante case sciamaniche e ritiri spirituali new-age che si sono moltiplicati negli ultimi anni. L’ayahuasca è un composto di piante con un elevato contenuto di DMT che gli indigeni dell’Amazzonia preparano da 5000 anni. Quattro ore dopo essere stato ingerito inizia ad avere effetti psicotropi sulla percezione e a alterare gli stati di coscienza. La sostanza oggi è di moda, ma il boom del consumo rischia di danneggiare la foresta e le comunità indigene.
L’ayahuasca è considerata dagli indigeni una medicina sacra per i suoi poteri curativi. Non c’è da meravigliarsi che tante persone cerchino nell’esperienza una guarigione dalla depressione, dalla dipendenza da droghe e alcol, da malattie come artrite, diabete e cancro, dallo stress quotidiano o semplicemente vogliano soddisfare la curiosità di avvicinarsi, anche se per pochi istanti, a cogliere la vera natura dell’universo. Ma il sovraccarico di visitatori ogni anno e la domanda insaziabile della miscela allucinogena mette in serio pericolo la salute della pianta e delle comunità locali.
Da qualche anno a questa parte sono sempre di più gli occidentali che vanno in cerca di cure miracolose in Centro e Sud America, senza avere la preparazione fisica o mentale—né il reale bisogno—per prendere l’ayahuasca.
Tutti ormai abbiamo sentito parlare dell’ayahuasca. La potente pianta allucinogena usata dalle comunità indigene dell’America Centrale sembra avere grandi proprietà curative, e/o farti uscire di testa e vomitare l’anima. Ora che migliaia di freak ci si sono appassionati, però, questa antica tradizione si è trasformata in una specie di lavoro a cottimo pieno di sciamani improvvisati.
Mentre ero in Perù ho incontrato Victor Cauper Gonzales, un 55enne di Pucallpa che fa il curatore di malattie complicate. Ha un’impeccabile etica del lavoro e non offre le sue cure a nessuno che non abbia un reale problema di salute. Abbiamo parlato dei sette anni che ha passato a vagare nella giungla prima di diventare uno sciamano, dei pericoli di chi si improvvisa curatore e di come il turismo dell’ayahuasca abbia cambiato la sua città.
VICE: Ciao Victor, mi racconti come ti sei avvicinato allo sciamanesimo?
Victor Cauper Gonzales: Ho deciso di diventare uno sciamano 36 anni fa, quando studiavo all’università per diventare maestro elementare. Arrivo da una famiglia con una lunga tradizione di sciamanesimo: mio nonno era uno sciamano molto noto e mi ha insegnato un sacco di cose. Lui prendeva l’ayahuasca per andare in posti e su pianeti diversi. E poi condivideva con me quello che aveva visto.
Quindi hai seguito le orme di tuo nonno?
Nonostante l’imprinting famigliare, ho scelto un percorso diverso e sono andato all’università. Ma non ero contento, dentro di me sapevo di avere la vocazione di continuare la tradizione famigliare. Perciò ho lasciato e sono andato nella giungla, dove ho vissuto da solo per sette anni. Non avevo soldi, non avevo niente. Sopravvivevo come i nostri antenati, mangiando piante e pescando. Dopo sette anni, sapevo di essere pronto a diventare uno sciamano e curare gli altri.
Te l’ha insegnato qualcuno?
No. Avere un buon maestro è importante, ma essere uno sciamano è anche questione di intuizione e pazienza. Devi essere in grado di entrare in contatto con le piante. Sono cose che impari da solo. Gradualmente. Ma se non ce l’hai dentro, nessun maestro può aiutarti.
Com’è andata la tua prima esperienza con l’ayahuasca?
Mentre ero nella giungla seguivo una dieta molto rigida, e nel mentre imparavo tutto sulle piante medicinali e sulla sopravvivenza. Una dieta basata sull’ayahuasca prevede che tu non consumi zuccheri, sale e alcol e che non faccia sesso. Ma quei sette anni sono stati il mio periodo di preparazione—non prendevo ayahuasca, allora.
Quando finalmente mi sono sentito pronto, mi sono reso conto che l’attesa era valsa la pena. È stato incredibile. Perché avevo esercitato sia la mente che il corpo così bene e per così lungo tempo che sono stato subito in grado di viaggiare in diversi tempi e dimensioni. Mi sono connesso allo spirito di mio nonno e ho anche parlato allo spirito delle piante. Da allora, l’ayahuasca ha una parte importante nella mia vita.
Al giorno d’oggi in Perù arrivano un sacco di stranieri che vogliono fare “i turisti dell’ayahuasca”, a volte vogliono prenderla senza nessuna preparazione. Cosa ne pensi?
È pericoloso. Ci sono viaggiatori seri che capiscono i benefici per la salute di questa medicina, ma ci sono anche molti che considerano l’ayahuasca un modo diverso per drogarsi. Ma se non sei pronto, se non segui la dieta giusta e non sai quello che stai facendo, non avrai nessun beneficio dall’ayahuasca, comunque. Ed è per questo che molti hanno esperienze negative.
La cosa che molti non capiscono è: l’ayahuasca non è una droga—è una medicina molto forte che va presa responsabilmente. Può curare o alleviare numerose malattie. Detto questo, non è neanche una medicina che agisce subito. Deve essere un processo lento, graduale e volontario. Molte persone che ho seguito hanno preso l’ayahuasca più volte, anche una decina di volte, nel corso di un periodo di tempo esteso. Ma molti non hanno abbastanza pazienza. Vogliono andare in vacanza e tornare con tutti i problemi risolti. Ma avere pazienza è il cuore dell’ayahuasca.
Com’è cambiata la situazione rispetto a quando hai cominciato a fare lo sciamano?
Ora è un’industria vera e propria. Gli occidentali hanno capito che potevano farci bei soldi. Un sacco di centri in cui si somministra l’ayahuasca sono gestiti da occidentali. È simile, in un certo senso, alle miniere abusive. Vengono, rubano la nostra saggezza e la vendono per far soldi.
Quando ho cominciato, l’ayahuasca serviva per guarire le persone. Ma ora ci sono delle compagnie che ne fanno una questione di profitto e hanno contaminato la cultura dell’ayahuasca.
Ancora peggio, ci sono dei programmi per formare gli sciamani. La gente si iscrive, fa un paio di laboratori, magari prende un certificato e si autoproclama sciamano. E poi vuole curare le persone. È molto pericoloso. Non puoi diventare uno sciamano in due settimane. È come se un medico operasse senza aver studiato e senza gli strumenti giusti.
Giusto. E nonostante i cambiamenti, cosa ti spinge a continuare?
Guarire le persone mi fa sentire in pace con me stesso. A volte ho pazienti che hanno perso tutta la speranza. La medicina moderna non li può aiutare oltre, perciò vengono da me. Ho aiutato persone con il cancro, l’AIDS, il diabete, problemi di stomaco, tutto. Molti di loro poi continuano a scrivermi, mi raccontano i loro progressi. E le loro famiglie mi chiamano per ringraziarmi, è una sensazione bellissima.
Che genere di persone viene da te?
Prima avevo solo pazienti di qui. Ma nel corso degli ultimi tre anni, gli stranieri hanno cominciato ad arrivare. Non ho un sito o cose simili, perciò non ho idea di come sia possibile che dalla Cina o dalla Repubblica Ceca mi abbiano trovato. Deve essere il passaparola.
Ci sono persone che ti rifiuti di trattare?
Curo solo persone con problemi seri. Non curo chi viene in cerca di avventura. E so distinguerli. Quando lo chiedo alle piante, le piante mi dicono chi ha bisogno dell’ayahuasca e chi no.
Per esempio, non darei l’ayahuasca a te. Gli spiriti delle piante mi dicono che non hai problemi, nel tuo corpo. Sei un po’ confusa e hai qualche problema emotivo—ma niente di grave. Non hai bisogno dell’ayahuasca.
Ah, be’, tutti a vent’anni sono confusi e hanno problemi emotivi, no?
Esattamente. Non puoi costringere un fiore a sbocciare. Sboccerà, ma con i suoi tempi. L’ayahuasca non ti darà dieci anni di maturità. Nella vita hai bisogno di fare esperienza e imparare alcune cose da solo.
Grazie, Victor.
Di Didem Tali VICE